Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

venerdì 25 maggio 2012

Soliloquio in un interno di Wallace Stevens

Accendi la prima luce della sera, come in una stanza in cui riposiamo e, con poca ragione, pensiamo
il mondo immaginato è il bene supremo.
Questo è dunque l'incontro più intenso.
È in tale pensiero che ci raccogliamo
fuori da ogni indifferenza, in una cosa:
Entro una sola cosa, un solo scialle
che ci stringiamo intorno, essendo poveri: un calore,
luce, potere, l'influsso prodigioso.
Qui, ora, dimentichiamo l'un l'altro e noi stessi.
Sentiamo l'oscurità di un ordine, un tutto,
un conoscere, ciò che fissò l'incontro.
Entro il suo confine vitale, nella mente,
diciamo Dio e l'immaginazione sono tutt'uno...
quanto in alto l'altissima candela irraggia il buio.
Di questa stessa luce, della mente centrale,
facciamo una dimora nell'aria della sera
tale che starvi insieme è sufficiente.
(Il mondo come meditazione, Palermo, Acquario-Guanda, 1986.)
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Final Soliloquy of the Interior Paramour
Light the first light of evening, as in a room
In which we rest and, for small reason, think
The world imagined is the ultimate good.
This is, therefore, the intensest rendezvous.
It is in that thought that we collect ourselves,
Out of all the indifferences, into one thing:
Within a single thing, a single shawl
Wrapped tightly round us, since we are poor, a warmth,
A light, a power, the miraculous influence.
Here, now, we forget each other and ourselves.
We feel the obscurity of an order, a whole,
A knowledge, that which arranged the rendezvous.
Within its vital boundary, in the mind.
We say God and the imagination are one...
How high that highest candle lights the dark.
Out of this same light, out of the central mind,
We make a dwelling in the evening air,
In which being there together is enough.

9 commenti:

Francesca Vicedomini ha detto...

Ho approfittato indegnamente del suggerimento di Gianrico. Ancora grazie, era troppo bella per lasciarsela scappare!

Gianrico Gualtieri ha detto...

Stevens è un poeta che mi ha inspirato molto, non tanto a livello di contenuti quanto di forma.
Se ti fa piacere - e se riesco a ritrovarlo - metterò qui nello spazio dei commenti qualcosa di "stevensiano".
Buon WE a te e a tutti gli amici/amiche del blog.

Francesca Vicedomini ha detto...

Mi fa mooolto piacere Gianrico. Grazie!

Rose ha detto...

Davvero bella!

Grazie al suggeritore e alla blogger.

Buona serata.

Francesca Vicedomini ha detto...

...siamo alla poesia 1998...

Gianrico Gualtieri ha detto...

I. Un aspetto del bene

Si guardi l'albero, adesso,
Da una distanza tale
Che esso coincida quasi
Con l'idea che ne abbiamo,
Rarefatta viriditas di cui -
La fantasia rigoglio crepitante -
Più che vedere indoviniamo i frutti.
[Si consideri] il Bene limitato e puro
quasi fosse la colpa un'estensione
misurata dai corpi.
Si formi ora il frutto, immaginaria
Pienezza, spasmo etereo, unità
D'immaginarie proprietà formali…
[In ciò] consiste il frutto come Bene.
II. La distanza, in sè invisibile

Sia la distanza :
Dal sole, il clima;
Dall'ente, numero o misura;
Da se stessi, le proprie percezioni.
Il monte, di cui solo la sommità
Traspare, sia l'uguale distare degli
Estremi, irraggiungibile virtù o possesso:
Allora ciò che è vicino (la mosca per esempio)
È alla distanza di qualunque altra cosa.

dalla raccolta "Esercizi spirituali", 1991.

Francesca Vicedomini ha detto...

Grazie Gianrico, stiamo sempre parlando di Stevens vero?
E' stata una scoperta per me.
Buon fine-sabato.

Gianrico Gualtieri ha detto...

Questa è una mia composizione del 1991, che si inscrive in una raccolta "Esercizi spirituali" in quanto c'è una parte di "metapoesia" sotto forma di istruzioni ("si guardi l'albero" etc.).

Buona domenica,

G.

Francesca Vicedomini ha detto...

Bellissima Gianrico, la tengo presente. Grazie e buona domenica!